Nelson Mandela: il guerrigliero Ubuntu che divenne il simbolo della pace

Lunedì scorso è stato il terzo anniversario della sua morte. Una vita straordinaria dedicata alla lotta per la giustizia e la libertà. Premio Nobel per la Pace, condannato all’ergastolo e rinchiuso per 27 anni in un durissimo carcere, indiscusso protagonista della lotta contro l’apartheid.

Nasce in un villaggio a sud-est del Sudafrica da un capo tribù di nome Gadla Henry Mphakamyiswa, detto Rolihlahla, il 18 luglio del 1918. Gli viene attribuito il nome di Madiba dagli anziani della sua tribù. Gli studi religiosi dei primi anni della sua vita gli fanno cambiare il nome in Nelson Rolihlahla Mandela, appellativo che manterrà per il resto della sua vita. Il piccolo Mandela capisce da subito come la possibilità di istruirsi e di arricchirire il suo bagaglio culturale possa essere importante ai fini dell’accettazione sua e di milioni di uomini di colore nella società attuale del paese. “In Africa esiste un concetto noto come Ubuntu, il senso profondo dell’essere umani solo attraverso l’umanità degli altri; se concluderemo qualcosa al mondo sarà grazie al lavoro e alla realizzazione degli altri

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A 22 anni, con più di 2 diplomi sulle spalle, decide di spostarsi a Johannesburg. Si iscrive alla facoltà di Giurispredenza, partecipa alle prime sommosse universitarie. Nel 1942 aderisce all’African national congress (Anc). E’ un uomo attivo che si fa notare per le sue idee brillanti. Fonda una lega giovanile a stretto contatto con l’Anc di nome Youth league. Nel 1948 intanto il partito nazionale afrikaneer vince le elezioni e nel paese dilaga la segregazione razziale. Qualche anno più tardi diventato avvocato tenta di fornire, attraverso il suo studio legale, assistenza alle vittime della repressione del regime dei bianchi. Viene cosi arrestato con l’accusa di tradimento ma rilasciato qualche anno dopo coinvolto in un processo che dura sei anni. Anni contrastanti nei quali si sposa due volte. Diventa padre di 3 figli che l’aids gli porta via in pochi anni. Questo fatto lo segnerà per tutta la vita: fino all’ultimo giorno si batterà per sconfiggere la diffusione del virus dell’HiV.

Nel 1960 si trova coinvolto in una manifestazione di protesta per i diritti civili a Sharpeville: l’esercito sudafricano spara ad altezza uomo e uccide 70 persone. E’ il momento della scelta alla lotta armata. Vive tre anni da clandestino tra attentati e rivolte soppresse. Nel 1963 viene nuovamente arrestato. Accusato di tradimento viene condannato questa volta all’ergastolo. Madiba ammetterà di ricoprire il ruolo di combattente per la libertà, ma rifiuterà quello di traditore per la sua patria. In carcere ci resterà per 27 lunghi anni. In questo periodo sosterrà la rivolta dei suoi compagni rilasciando le seguenti parole: ” Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l’incudine delle azioni di massa e il martello della lotta armata dobbiamo annientare l’apartheid“.

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Periodo nel quale non perde mai la lucidità politica. Quella stessa lucidità che scuoterà il resto del mondo a creare qualche tempo dopo le condizioni per la sua liberazione. Il Sudafrica degli anni 80 si trova infatti in una condizione di disagio provocata dal regime segregazionista e dalle sanzioni internazionali ad esso applicate. Mandela risulta essere il problema di questo disagio. Gli viene offerta la libertà condizionata, a patto di rinunciare alla lotta armata. Mandela rifiuta. Verrà scarcerato l’11 febbraio del 1990 e condotto al palazzo del comune di Città del Capo a parlare al popolo come icona di libertà. Nel 1993 gli viene assegnato il Premio Nobel per la pace e il riconoscimento di aver vinto la battaglia contro la segregazione razziale. Diventa presidente dell’Anc e qualche anno dopo vince le elezioni come Capo di Stato. Diventa il primo presidente sudafricano di colore della storia. Alla cerimonia invita il capo dei suoi carcerieri. Gli ultimi anni li dedica ai viaggi nel mondo trascorrendoli insieme agli amici “combattenti in armi”. Numerosi paesi gli dedicano piazze e parchi. Il suo nome è impresso in numerosi vicoli e strade di ogni parte del mondo. Nel giugno del 2004 a 86 anni si ritira a vita privata. Il tempo, il carcere e le dure lotte lo hanno segnato. Trascorre le sue ultime giornate nel giardino di casa a Joahannesburg, raccontando la sua storia ai giovani della città. Una storia straordinaria. Una storia di libertà. Una storia di giustizia.

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Saluti,

Fernando Sala